CITAZIONE (nemesis85 @ 21/4/2009, 12:54)
questa e una domanda che si tramanda da generzioni, io credo che sia esistita , ma solo le persone che ci vivevano possono dirci cosa e realmente accaduto a questa città chissa' se ne e rimasto qualcosa tipo non so colonne, mura, ecc,
Ogni tanto si parla dir esti ed altro che affiorano quà e là , questo ad esempio è una scoperta, probabile,
fatta con il satellite
preso dal sito
http://www.edicolaweb.net/am_1601a.htmUN SATELLITE RITROVA ATLANTIDE?
"È IN SPAGNA, VICINO A CADICE". PERÒ...
Archeologi tedeschi individuano interessanti analogie in Andalusia. Torna in auge una vecchia teoria sul continente perduto di Platone.
di Roberto Pinotti
Come hanno riferito in Italia fra gli altri, con un articolo di Aristide Malnati, il "Quotidiano Nazionale" ("Il Giorno" - "Il Resto del Carlino" - "La Nazione") e Antonio Orighi da Madrid su "La Stampa" il 12 giugno scorso, gli archeologi dell'Università di Wuppertal in Germania ne sono sicuri: la mitica Atlantide, la città dell'Età dell'Oro della cultura greca, sarebbe esistita sulla costa spagnola dell'Andalusia di fronte all'Africa, nei pressi dell'odierna Cadice. Niente di originale, in quanto tutta una scuola di pensiero degli studiosi del mitico continente perduto di Platone tende da secoli a collegare Atlantide con la Spagna, da Cadice a Tartesso, oltre Gibilterra (le Colonne d'Ercole). Le conclusioni dei tedeschi, presentate in un recente convegno all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e riportate dalla rassegna inglese on line "Journal of Antiquity", saranno illustrate con dovizia di particolari sul prossimo numero della prestigiosa rivista britannica "Antiquity".
Il team dei ricercatori, guidati dal Prof. Rainer Kuhne, ha utilizzato per l'identificazione le foto satellitari messe a disposizione dalla NASA su Internet, e quelle dell'Eurosat in particolare. Proprio grazie a queste foto si sono potute rilevare per la prima volta tracce di monumenti archeologici, probabilmente ancora ben conservati, in precedenza non notati neppure dalla fotografia aerea: è un esempio dell'efficace utilizzo da parte dell'archeologia moderna delle tecnologie più sofisticate, sempre più spesso elementi essenziali per risultati di rilevanza storica.
In particolare si individuano, ancora interrate, due strutture rettangolari e sei concentriche, inserite l'una nell'altra. Vi è una netta corrispondenza fra i resti archeologici fotografati e non ancora scavati e la descrizione di Atlantide fatta da Platone nel Timeo. Il filosofo greco, infatti, parla di sei canali adibiti alla circolazione delle merci e delle persone e simili caratteristiche urbanistiche sono state trovate ora per la prima volta nella storia dell'archeologia e della topografia mondiali. È vero che dalle misurazioni effettuate sulle foto risulta una discrepanza tra i resti archeologici e le misure fornite da Platone (le strutture riprese dal satellite appaiono più grandi del 20 per cento). "Tuttavia tale differenza - fa notare il Prof. Kuhne - è spiegabile con l'approssimazione dei dati in mano a Platone, approssimazione verosimilmente dovuta a una trasmissione imperfetta delle notizie nel mondo antico".
I due edifici rettangolari, poi, sarebbero le fondamenta del famoso Tempio d'Oro e d'Argento (dal tetto d'avorio, gli ornamenti d'oro e le pareti d'argento, per essere esatti) centro di culto dedicato al Dio del Mare Poseidone. Non dobbiamo dimenticare che, così come scrive Platone, Atlantide sarebbe stata al centro di un governo ispirato a principi di equità e sede di un profondo sentimento religioso sviluppato verso un vasto pantheon di divinità. Quello che in particolare si configura come elemento nuovo è l'utilizzo a fondamento del mito greco di una realtà storica posta nel Mediterraneo Occidentale, regione ritenuta finora sede di civiltà meno evolute che non il Mediterraneo Orientale, l'Antico Vicino e Medio Oriente e l'Egitto. Solo che il sito dove Kuhne ha individuato la sua Atlantide si trova non sotto il mare, ma alla luce del sole nelle attuali maremme di Hinojos, a Iato del fiume Guadalquivir e della celebre Donana, una della aree naturali più protette d'Europa. Terraferma, dunque, e non un'isola. Kuhne ricorda che talvolta il termine "isola" era anche utilizzato dai greci come sinonimo di "zona costiera", e ipotizza che, tra 800 e il 500 a.C., un'inondazione dovuta ad un maremoto con relativo "tsunami" abbia sommerso la zona, poi trasformatasi in un golfo e infine nei secoli successivi, con il ritiro graduale delle acque marine, nelle attuali maremme spagnole ivi presenti. I suggestivi monti della Sierra Morena e della Sierra Nevada con le vicine miniere di rame avrebbero originato altre connotazioni proprie della descrizione della capitale del mitico continente-isola, che in questo caso sarebbe però notevolmente ridimensionato. Un po' troppo, forse.
Ha ragione Kuhne? Non ne saremmo tanto sicuri. Tanto più che il docente tedesco non avrebbe in realtà scoperto nulla da solo, avendo egli in effetti ricavato la sua teoria dalle immagini satellitari del satellite Eurosat fornitegli dallo studioso privato iberico Georgeos Diaz Montexano (nondimeno da lui ringraziato), come sottolinea in Spagna il madrileno "ABC".
Il solito "scippo" effettuato dall'accademico ai danni del ricercatore privato, dunque?
Sembrerebbe proprio. Sempre poi che Kuhne ci abbia azzeccato davvero. E viene da dubitarne.
Sia come sia, "se anche l'identificazione non fosse vera, saremmo comunque in presenza di una realtà archeologica importante che ci permette di capire l'elevato stadio di sviluppo delle realtà urbane sulla costa spagnola, dove erano arrivati senz'altro i Fenici e persino gli Egizi" fa notare Stefania Sofra, antichista ed egittologa della Università La Sapienza di Roma, che così continua: "Quel che è sicuro è che il mito greco e forse non solo greco di Atlantide ha avuto la sua origine in Occidente e questa scoperta lo confermerebbe".
"Resta da vedere - rileva Aristide Malnati - se poi proprio questo centro sulle coste dell'Andalusia abbia davvero ispirato Atlantide. Per poterlo determinare con certezza bisognerà dare vita ad una sistematica campagna di scavi, in parte anche subacquei, proprio in una riserva naturale protetta che andrebbe sconvolta."
Rischia dunque di aprirsi, oltre che fra gli studiosi del mito di Atlantide, gli archeologi professionisti e i ricercatori privati, una querelle fra antichisti e ambientalisti, anche se l'archeologia moderna ha dimostrato di poter procedere con tecniche non invasive. Nello specifico, stavolta, sarà bene che la ingenuità dei "Verdi" non crei ostacoli...